25 agosto 2012

Digressione-riflessione #1

Celebro il passaggio dal sole al grigio, con una tazza di latte caldo in mano. Non ho mai potuto bere il latte da solo, per me aggiungerci il caffè è sempre sottinteso. Caffelatte caldo, con quel poco di caffè in più che gli ha donato un sapore di antica nostalgia. Sembra quello che mia madre era solita portarmi a letto per svegliarmi e poi accompagnarmi a scuola, ai tempi delle elementari. Tempi recenti a parte, erano dieci anni che non facevo più colazione, eccetto il primo caffè della giornata, primo di una lunga serie. Caffè, caffè e caffè. Come se mancasse qualcosa di fondamentale in me: il latte. Non ricordo di preciso quando e soprattutto perchè mia madre abbia smesso di prepararmi quella tazza di latte la mattina, nè di svegliarmi lei, come hanno continuato a fare per anni le mamme di tutti gli altri. Forse è solo perchè ha smesso di svegliarsi la mattina, o più probabilmente perchè io ho iniziato presto a svegliarmi da sola; e mi ci vedo troppo a dieci anni ad arrabbiarmi perchè lei provava a svegliarmi, dicendole malamente che non ce n'era più il bisogno perchè mi (RI)alzavo da sola. Ma perchè ho iniziato così presto? Non ricordo nemmeno una volta che si sia consumata una colazione tutti insieme, salvo le rare ed ipocrite volte che è capitato di avere ospiti, che allora si diventava peggio della famiglia MulinoBianco. Questo fatto è strano, considerando che i pasti sono sempre stati il solo ed unico momento familiare condiviso, e, quindi, obbligato. Cosa che ho da sempre reputato triste, solo in seguito disgustosa. Non abbiamo mai fatto colazione insieme, come se fosse impensabile per tutti -col termine intendo ben sette persone- doversi sopportare fin dal primo mattino, no grazie. Poi certo, non ha aiutato il fatto che il concetto di mattino fosse così estremamente variabile da significare per qualcuno le undici, per altri le sette e per altri mai. La colazione è il pasto più importante della giornata. E in una casa dove nessuno ha mai fatto colazione, che razza di famiglia ci sarà mai potuta vivere? La mia, ovvio. Tavole un tempo fin troppo imbandite di buon cibo, forse per colmare l'assenza di carezze. Sono praticamente venuta sù a patatine fritte, ci credo anche che sono obesa. Proporzionalmente all'abbandono del caldo nido da parte dei figli (1...2...3) la tavola si è scolorita, sull'onda dello sparire della voglia di cucinare. Anche se le quantità non hanno mai smesso di essere esasperatamente abbondanti. Da una parte, chi rimane potrebbe sentire di essere meno amato di chi se n'è andato, ma dall'altra si può notare che è solo una mera questione matematica: meno figli=meno amore. Oggi ci si ritrova nel piatto cose semplici, insipide, preparate male, velocemente, senza alcuna voglia, amore e tantomeno programmazione. O giuste cose. O almeno, gli altri se le ritrovano davanti, io cucino per me. Doveri a cui per qualcuno sembra inevitabile doversi rassegnare. D'inverno capitava spesso e volentieri il momento pomeridiano del thè caldo, che talvolta mia madre ci faceva trovare pronto al nostro rientro a casa. E poi qui fa molto freddo e piove spesso. Una teiera enorme, che tanto si svuotava molto in fretta. Oggi lì ci faccio litri di thè verde, che bevo da sola. Per non parlare poi delle feste e delle numerose cene fuori. Tutto maledettamente incentrato sul cibo. E chi è che cucina? La madre, di solito (a parte gli ultimi tempi che lo faccio quasi sempre io per tutti, ma questa è un'altra storia). Sembra tanto il luogo comune -una mia convinzione è che non esistano luoghi comuni secondo la definizione, dato che sono quasi sempre cose vere e di certo non nate per caso- dei parenti che pensano che se non mangi quello che hanno cucinato li odi, ma è proprio così. Non mangiare, o comunque non quello che ti viene messo davanti significa rifiutare l'amore. E mangiare significa farsi del male. L'amore vale il prezzo del nuocere a sè stessi? Non credo proprio. Ma poi tanto, quale amore, almeno per me. Mi viene in mente anche il contributo della televisione e dei tanti film, come raro momento insieme al di fuori del mondo del cibo. Quando ero piccola guardavamo tutti insieme X-Files (che li mortacci, quanti incubi mi ha fatto fare) e in generale non mi è mai stato negato di vedere nulla. Altro che la trasgressione di profanare il bollino rosso: la mia al massimo poteva essere quella di vederne uno per bambini senza annoiarmi. Ricordo bene che la mia paura folle per un buon periodo della mia infanzia è stata che ci fosse Chucky la bambola assassina sotto il mio letto, e quindi ogni volta che ci salivo o scendevo tra un pò saltavo per stare il più lontana possibile dai bordi del letto, per paura di essere accoltellata, o qualcosa del genere. Che poi tra l'altro, pensandoci era proprio una cazzata. Perchè se ci fosse stata davvero una bambola assassina sotto il mio letto, direi che poteva anche muovere il culo e venire ad uccidermi, non solo accoltellarmi se le fossi passata troppo vicino. Non so, forse era una bambola assassina paralizzata. Ricordo anche le mie lotte contro la paura del buio, il temibile momento in cui mi veniva chiesto di andare a spegnere tutte le luci lasciate accese in giro e le mi corse. Buio che ora amo follemente e mi da pace e tranquillità. Avrò fatto tanti incubi, ma almeno essendo stata traumatizzata fin da piccola vedendo qualsiasi film thriller-horror ho superato ben presto paure che altri hanno tutt'oggi. Dovrei dire che l'unica cosa che temo sono gli esseri umani, ma ormai neanche loro, non più. Onestamente ho una sola paura vera e propria, ed è una cosa che riguarda solo me stessa: la paura è semplicemente di non riuscire a risolvere una questione prima di morire, cioè il momento in cui non ne avrò più occasione, dato che la morte potrebbe essere imprevedibile. Infatti dovrei darmi una mossa. Ok, unica paura eccetto quella per le api, ma sono ben lontana da una fobia vera e propria e quando mi capitano intorno una parte di me invoca il karma perchè mi pungano per la prima volta nella vita, così mi renderò conto che non si muore, la pianterò di rompere i coglioni e mi passerà la paura. Tornando a mia madre, ho avuto un flash di una frase detta da non mi ricordi chi nel cartone animato Space Jam: "mamma, non voglio andare a scuola oggi, voglio restare a casa a fare i biscotti con te!" (ed ho in mente come veniva detta e con che voce). Ogni tanto la ripetevo imitando il film. Infantilità a parte, fino a pochi anni fa non solo avevo il desiderio, ma spesso chiedevo a mia madre se avessi potuto non andare a scuola quel giorno, non perchè ne avessi motivi specifici ma semplicemente per passare una mattinata insieme, che fosse a casa fumando sigarette e bevendo caffè o magari uscendo e facendo qualcosa solo noi due. Credo sia normale ogni tanto avere il desiderio sfiorante la necessità di fare qualcosa di diverso dal solito e  prendersi del tempo magari esagerato per spenderlo con una persona specifica. Insomma, di tanto in tanto volersi ritagliare un momento vostro. Non solo mia madre non mi hai mai accontentato, ma, la cosa peggiore, non mi ha mai capito. Mai. Non ha mai capito il mio amore, il fatto che mi mancasse, la voglia di regredire in qualche modo all'infanzia proprio perchè allora ancora mi considerava, o semplicemente fare qualcosa di speciale con lei, come se le mie responsabilità quotidiane fossero aria in confronto. No. Secondo lei semplicemente non avevo voglia di andare a scuola  per i soliti motivi, ma stavolta aggiungevo una scusa originale. Ed è  anche capitato che mi desse il permesso di non andare a scuola: ma in ogni caso, quella mattina non l'abbiamo mai passata insieme, vicine. Non è mai andata come voluto. E quando non mi credeva nè comprendeva e al limite si rassegnava alla mia -secondo lei- mera intenzione di saltare la scuola, io ci restavo solo male e preferivo perfino andarci. Almeno si può dire che se decidevo che non avrei fatto una cosa niente e nessuno potevano convincermi del contrario e obbligarmi a farla. Un pò meno per le cose che invece avrei voluto fare, molto di meno. Quanta determinazione in negativo, quanta. Fin da quando sono nata. Non a caso la mia seconda parola è stata NO. La prima mamma, curioso. Oggi le cose sono molte diverse, perchè quando bevo il mio amato caffè caldo, non penso più a cosa mi manchi. Finita quella fase, non ho mai più pensato di chiedere a mia madre di fare una piccola "follia" e stare insieme, perchè ora mi è indifferente la sua esistenza. Non posso dire di non volerle bene ed ovviamente questi ricordi li ho sì scritti io, catalogandoli in momenti nostalgici. Ma sono nostalgici in quanto passato, tutto qui. Lei mi ha senz'altro ferito, ma non la odio. Non la odio perchè non la amo, più. Lo reputo triste, ma non penso che sia falso, impossibile e tantomeno sbagliato. I rapporti cambiano, l'amore non si alimenta da solo se poggia sul nulla ed è normale maturare. Le voglio bene, anche se in un modo strano e che in realtà somiglia più ad un'abitudine che viaggia sui ricordi. Diciamo che resta sempre mia madre e non rinnego niente: mi ha dato alla luce. Anche se non era previsto. Forse proprio perchè sono un imprevisto ora ho la necessità di prevedere tutto nei minimi dettagli. Lei al momento mi è indifferente, cosa che trovo tra l'altro molto più salutare del precedente odio-amore, per entrambe e nella certezza più assoluta. Per quanto riguarda il grigio, ora si è passati al momento in cui si sta per scatenare l'inferno, assai preferibile.

1 commento:

Se ci fossero altri visitatori all'infuori di questo mondo, più che al rispetto inviterei agli insulti, per il semplice motivo che non esiste alcuna ragione al mondo per cui io possa essere insultata (riguardante il mondo dei dca, quantomeno) e potrei felicemente rispondere ed argomentare qualsiasi critica o altra stronzata. Ma tanto sono sfigata e il karma non mi accontenta mai, c'est la vie. Per le altre, invece: grazie di essere passate.